domenica 20 gennaio 2008

Gianni ATZENI

RISONANZE NELLA MATERIA

…”La materia <> non è quella degradata, priva di risonanze simboliche e metaforiche: è il piombo che avanza, ad esempio dalla stampa in linotype, che Gianni Atzeni, utilizza. Sciogliendolo con una fiamma, per le lunette Estroflessioni centinate”…-…”I titoli slegano le sue opere da ogni riferimento naturalistico, puntando tutto sull’autosufficienza dell’arte. Chiaro che è dall’accostamento fra metallo lucente, colorato e inciso, e legno dipinto con un nero che assorbe ogni luce senza rimandarne alcuna, fra la caoticità della materia e l’ordine geometrico, come suggerisce Antonello Ruzzu nell’opuscolo distribuito ai visitatori, fra concretismo e concettualismo che scaturisce la sua ricerca. Le forme alludono a una sacralità recuperata, la stessa su cui si fonda la sua accettazione della casualità dei risultati dei trattamenti cui sottopone la materia, liberamente elaborati a partire dalle tecniche alchemiche e segrete apprese negli anni dedicati all’incisione e applicate nei pezzi esposti in questa mostra, radiografie di un cosmo in incessante divenire”…
Recensione di Marco NOCE

Gianni ATZENI

R I S O N A N Z E

Opere polimateriche

Grandi teche devozionali insieme ad altre più piccole e di forma quadrata, tutte listate di colore nero il colore ctonio dell’abisso, delle profondità terrestri, del congedo dalla vanitatem rerum, attendono il visitatore negli angoli e lungo le pareti del percorso espositivo composto da
Gianni Atzeni, .
Le riempiono rami d’olivo, saldamente trafitti da robusti chiodi dietro le vetrine il legno d’ulivo, simbolo della sostanza universale nonché d’un sapere che trascende l’umano, albero sacro ad Eleusì, tra le divinità dell’Olimpo, nella Scrittura benedetto fra tutte le piante, si dispone tronco su tronco, quasi ad evocare un ideale altare sovrastato da una semisfera collocata in rilievo con le sue zigrinature che riverberano le dorature, il chèrmisi , le opalescenze del loro alone a volte anche su un idoletto dalle parvenze umane. Questi tronchi non a caso sono ricoperti dal nero dei mistici Sufi, nella scala dei colori il gradino più alto che tutti riassume quando si apre alla visione accecante dell’Assoluto.
La complessa stratificazione dei significati di una simile operazione può essere perlustrata a partire dal punto di convergenza tra scelte linguistiche e pensiero filosofico ad esse correlato e, anzi, da queste sollecitato e fatto proliferare in un movimento tematico analogico e trasversale, che costituisce il punto decisivo delle opere proposte dall’artista cagliaritano. L’elemento geometrizzante custodito nelle teche o che campeggia, tagliato lungo la mediana dal ceppo d’ulivo, su grandi lastre d’incisione dichiara una provenienza da una zona di confine lungo la quale concretismo e concettualismo paiono lambirsi. Resi contigui dal deliberato affrancamento dall’obbligo referenziale che il senso delle cose impone al segno, col perseguimento di un’intuizione eidetica, di una progettualità puramente ideale che motivano, per un verso, l’ispirazione di Atzeni. Nondimeno è indubbio che dall’intricato crogiuolo del concettuale discendano talune indagini su nuove metafore con le quali trasfigurare la natura e che a quest’ambito estetico appartenga, sia pure in partel lo stesso fenomeno della earth art, o certe figure di artisti che, proprio lungo le propaggini delle trasformazioni subite in Italia dal concettualismo, hanno lavorato con supporti lignei ed altri elementi naturali. E pure il ramo che con la sua semantica materica fortemente connotata riequilibra, nella poetica di Atzeni, le reminescenze concrete e concettuali sembra assonare una derivazione dadaista dal ready-made, l’oggetto casualmente ritrovato subito trasferito, tra-visato in fatto artistico, di Marcel Duchamp: fomentatore, tra le tante avventure avanguardistiche novecentesche anche del concettualismo.
Il pezzo di trondo è inchiodato al centro delle abrasioni, dellla minutissima raggiera di porosità che si effonde su l’intera superficie delle pannellature grazie alla concentrazione sulla reattività naturale dei materiali che
Gianni Atzeni, esplica mediante l’incisione e la lavorazione dei metalli. Nel suo gesto alchemico tutte le fila analitiche dipanate fino a qui si tengono: l’alchimista volge le spalle al mondo, distoglie lo sguardo dall’immobile skyline sociale, contro la quale continua ad ammantarsi l’opaca coltre dei fatti e delle significanze, per fissare gli occhi, nella sua solitudine, verso quanto di profondo e di elevato si apre nel dato fenomenico. Egli pratica una conoscenza che si prende cura della realtà sensibile intendendovi il ritmo universale delle proporzioni e delle relazioni. E poiché percepisce la terra come crogiuolo sempre vivo delle generazioni e delle trasmutazioni, trapassa l’immediata, totale, visibilità e comprensibilità imposta in maniera definitoria alla cose, per cogliere il punto in cui materia e spirito sono tutt’uno, forma concettuale e suo calco materico insieme. L’alchimista come l’artista, e nel caso di ora Gianni Atzeni, , è allo stesso tempo artigiano e teorico, recupera, maneggia la materia e, nel contempo, procede verso il suo oltre.
Nell’esercizio di una sorta di “bilogica”, - a voler prendere in prestito la terminologia dello psicanalista cileno Marte Blanco, secondo il quale una logica asimmetrica che non riconosce i principi di identità, di causa-effetto, di spazio-tempo, coesiste, interferisce, confligge con le categorie chiare e distinte della coscienza univoca e catalogante -, la metafora artistica, dove più intensa è l’apertura alle simmetrie come quelle che abitano le teche di
Gianni Atzeni, e le sue superfici incisorie, dimostra per intero la propria impellenza tra le forme conoscitive odierne. In quanto asimmetrica, “bilogica”, l’arte sommuove la razionalità esclusivista con un sapere che ignora la distinzione “sillogistica” tra i termini, il principio di contraddizioni ma inverte i significati e fa coesistere gli opposti; per questo nell’inaccostabile quotidianità storica disserra forse l’unica possibilità: la memoria, la cultura attraverso il libero corso delle analogie e della citazione.
Presentazione di Antonello RUZZU